mercoledì 12 agosto 2015

Non si canta come si parla, Aureliano Pertile svela il suo segreto


Non si canta come si parla. Se fosse così ogni abile oratore sarebbe capace di essere un grande cantante lirico; invece per saper cantare bene non è sufficiente pronunciare bene vocali e consonanti, perché il canto lirico è "impostato"... proprio perché non è così semplice essere un vero Cantante Lirico.

Aureliano Pertile, meraviglioso Cantante Italiano, è stato uno dei più grandi tenori di tutti i tempi.
Come tutti i bravi Cantanti dell'epoca d'oro dell'Opera ha compiuto un percorso molto attento sullo studio dei suoni e sulla formazione delle vocali italiane nel canto lirico.

Ecco molto semplicemente spiegato il suo sistema, lo stesso usato da ogni bravo cantante, anche ai nostri tempi:

"Le vocali a, e, i, o, u, non si devono usare nel canto col medesimo colore della lingua parlata. Il linguaggio dà: à, è, ì, ò, ù. Il colore, che dà la giusta impostazione, viene dato da tutto quanto ho prima descritto, più il colorito seguente alle vocali.
L'à deve essere pronunciato ao; l'ò come ò, l'i come un i francese, l'e come eu, l'u come uo. E tutto ciò con disinvoltura e abbandono completo dei muscoli del collo e della faccia."

Il grande Aureliano Pertile sta dicendo proprio che non potete cantare pronunciando le vocali esattamente come quando parlate, ma le dovete "adattare" - la stessa cosa diceva Beniamino Gigli, Lauri Volpi e... perfino la mia meravigliosa insegnante!

E lo stesso dico io ai miei Allievi, quando per esempio fanno un acuto sulla lettera "i" e viene un po' stretto e difficoltoso, questo accade perché la lingua, muscolo fortissimo, per pronunciare la lettera I in modo puro fa pressione e blocca la laringe, così le corde vocali lavorano male! Allora mi è sufficiente dirgli: "Quella "i" è troppo stretta, allarga un po' la posizione e mentre la canti pensa un po' alla A oppure alla O.

Quindi cari Studenti, ricordate che spesso, nel Canto lirico, le vocali devono essere "adattate" e un po' "mescolate" tra loro. Non sto dicendo di produrre vocali "straniere", ma semplicemente di adattare le vocali italiane a un canto lirico morbido e facile, in modo che cantare divenga semplice quanto parlare.

Un caro saluto a tutti e buono studio!
M° Astrea Amaduzzi





"Il vocalizzo, secondo me, è l'inizio necessario ed è l'esercizio costante giornaliero, che non deve essere trascurato mai (eccetto che nei giorni di riposo) dall'artista, che voglia mantenere agile e bene impostata la voce. (...)
Nel vocalizzo le vocali più da usarsi sono l'a e l'o, perché mantengono aperta la gola e permettono così una maggior colonna di fiato. Ma devono essere usate esclusivamente nel modo che dirò.
Il canto è colore. Il colore decide la giusta impostazione. Procurerò di spiegarmi meglio. 
Le vocali a, e, i, o, u, non si devono usare nel canto col medesimo colore della lingua parlata. Il linguaggio dà: à, è, ì, ò, ù. Il colore, che dà la giusta impostazione, viene dato da tutto quanto ho prima descritto, più il colorito seguente alle vocali.
L'à deve essere pronunciato ao; l'ò come ò, l'i come un i francese, l'e come eu, l'u come uo. E tutto ciò con disinvoltura e abbandono completo dei muscoli del collo e della faccia.
Ne viene di conseguenza che le tre vocali i, e, u, di già per se stesse strette e chiuse, vengano in tal modo allargate, mentre a, o, per se stesse larghe e aperte, vengono ristrette e raccolte.
In tal modo il colore delle cinque vocali, che nella lingua parlata è così diseguale, viene nel canto assai avvicinato.
Vocalizzando adunque col metodo suaccennato le tre vocali i, e, u, non danno quasi nessuna difficoltà alle cosiddette note di passaggio che sono il mi bemolle, mi, fa, fa diesis, mentre l'a, e l'o, col colore indicato permettono di arrivare alle note acute senza nessun cambiamento del chiuso e dell'aperto. 
Per tenere la gola ampia e spalancata io preferirei il vocalizzo con a, o, sempre al colore già illustrato. Tuttavia, a quando a quando, il vocalizzo con le altre vocali serve a controllare e ad evitare che la voce rimanga stretta nel collo spingendola sempre più avanti alla maschera. 
Allorché l'allievo avrà imparato bene i diversi tipi di vocalizzo, proverà a cantare qualche frase e quindi passerà allo studio degli spartiti. È meglio che la voce nel vocalizzo risulti più raccolta che nel canto con le parole, poiché la tendenza della voce è quella sempre di allargarsi e di andare all'indietro."
(da: Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice, 1932)
[ Nella foto: Aureliano Pertile nel ruolo di Des Grieux, nella "Manon Lescaut" di Puccini ]
www.belcantoitaliano.blogspot.it

www.belcantoitaliano.com

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Un viaggio entusiasmante nel meraviglioso mondo del Belcanto Italiano vi aspetta a Recanati dal 23 al 29 agosto 2015. 
La Masterclass, dedicata a tecnica e interpretazione nell'Opera Italiana, sarà tenuta dal Soprano di Coloratura Astrea Amaduzzi e dal Maestro Mattia Peli, Direttore d'Orchestra e Pianista.

Durante le lezioni ciascun Allievo sarà seguito individualmente applicando la migliore Didattica Vocale della Scuola Italiana di Canto Lirico, e i migliori Allievi potranno essere selezionati per attività concertistica da svolgere con "Belcanto Italiano" durante la stagione 2015/2016.

Durante il Corso saranno organizzati: una visita al Museo Gigli e un incontro speciale con il Direttore dell'Associazione "Beniamino Gigli".

Quota di contributo per ciascuna giornata di studio Euro 50, inclusiva di Associazione a Belcanto Italiano. Possibilità di alloggio convenzionato su richiesta.

Per informazioni e prenotazioni rivolgersi al seguente numero: 347.58.53.253




IL VOCALIZZO SECONDO IL GRANDE TENORE AURELIANO PERTILE"Il vocalizzo, secondo me, è l'inizio necessario ed è l'...
Posted by Motti dei Grandi sulla Tecnica Vocale on Venerdì 13 marzo 2015

sabato 2 maggio 2015

Il passaggio agli acuti spiegato da Aureliano Pertile


Cosa rappresenta il Tenore Aureliano Pertile nella Scuola Italiana di Canto? 

Occorre oggi presentare l'immenso Aureliano Pertile soltanto perché i giovani studenti, abbagliati dallo star system portato avanti da produttori senza scrupoli, non hanno quasi più idea di cosa sia il VERO canto lirico.

Non c'è un vecchio modo di cantare o uno nuovo, ne esiste uno soltanto, e dev'essere tecnicamente perfetto oggi come un secolo fa. Aureliano Pertile è uno dei grandissimi rappresentanti del Canto Lirico  Italiano. 

Lasciate le scene, il grande Tenore si dedicò all'insegnamento al Conservatorio di Milano.

Dal momento che tanti Tenori ci scrivono da ogni parte del mondo, vi invito ad analizzare con me quanto Pertile spiega su un argomento tecnico importantissimo:
IL PASSAGGIO DI REGISTRO NELLA VOCE DEL TENORE che costituisce l'unico sistema per fare acuti limpidi e sicuri
Il testo è tratto dal libro "AURELIANO PERTILE E IL SUO METODO DI CANTO", dettato nel 1932 all'amico e confidente di Pertile, Domenico Silvestrini.

Dopo aver descritto brevemente l'estensione della voce tenorile, Pertile ci regala il primo vero indizio:

"Non si può salire col medesimo colore del do centrale alle note acute."

Che vuol dire? 
Come abbiamo più volte spiegato in articoli proprio dedicati alla tecnica vocale, le corde vocali sono poste nella laringe, e la laringe è uno strumento musicale MOBILE.
Cantando naturalmente, la laringe umana tende DA SOLA a spostarsi lievemente verso l'alto quando si va negli acuti e in basso quando si cantano note gravi; questo cambiamento di posizione implica automaticamente anche un cambio di colore della voce.  (confronta:  "Il facile mistero del passaggio di registro vocale nel canto lirico")

Continua Pertile: "Così progredendo si arriva al SOL che è un tipo non vorrei dire diverso, ma molto più raccolto in testa delle tre note precedenti, che sono il "Mi, Fa, Fa diesis". Questo SOL si sente che appartiene più alla natura e al colore delle note acute che sono "La bemolle, La, Si bemolle, ecc.", che a quello delle tre precedenti, che costituiscono un gruppo a sè; mentre si nota che il FA DIESIS, che risente un po' dell'uno e dell'altro tipo, ossia un po' più arrotondato e raccolto dal FA e un po' meno dal SOL, è il "punto d'unione".

In altre Parole Pertile suddivide i registri della voce del Tenore in altri piccoli sottogruppi.

Dice infatti ancora Pertile, nello stesso Metodo: "Calcolando a due ottave la voce del tenore, noi notiamo che le prime tre note, DO, RE, MI, hanno una maggiore risonanza nel petto; FA, SOL, LA, SI, DO, RE, alla apertura della bocca, ossia all'arcata dentale superiore; e seguendo sempre l'emissione nel sistema descritto, ossia nell'appoggio del fiato sul diaframma, MI BEMOLLE, FA, FA DIESIS si sentono risuonare un po' più in alto, nelle cavità dei seni del mascellare superiore e della fronte, mentre SOL, LA, SI, DO ancora più in alto, verso la parte superiore della fronte."

Abbiamo a questo punto un altro importantissimo indizio: gli acuti del Tenore (esattamente come quelli del Soprano) VANNO COSTRUITI, con calma e perizia, (per questo la voce lirica è anche detta "impostata"): è pericolosissimo salire agli acuti di forza senza aver prima risolto a regola d'arte il moto alle note di passaggio.

Pertile più avanti raccomanda di "appoggiare il suono alla maschera". Che vuol dire?


Come tutti i grandi Cantanti raccomandano da  sempre, quando si canta, in gola non si deve sentire alcuna tensione. I punti di "appoggio" del suono devono essere il fiato e il suono sempre risuonante in alto, tra il palato molle e le fosse nasali (=in maschera vuol dire "non ingolato") - (cfr. Il "giro vocale" nel gergo del Belcanto Italiano ®).


Soprattutto nella voce del Tenore, se il "passaggio" dalla zona bassa (petto) alla zona alta (testa) non viene effettuato a regola d'arte, il suono sarà sicuramente ingolato, sforzato, dannoso allo strumento vocale e presto o tardi vi saranno danni irreparabili.


I giovani tenori devono assolutamente capire che invece che cercare un suono grosso largo e forte, è meglio cercarne uno piccolo, raccolto e pieno di armonici ma che "buchi", cioè che in teatro possa oltrepassare il muro dell'orchestra e giungere nitido sino al loggione.

Se questa regola è vera per tutta la gamma sonora dei Tenori, è assolutamente necessario nella zona dell'estensione dove la laringe cambia naturalmente posizione.

Spiega infatti Pertile:

"ma quando si arriva al MI BEMOLLE si avverte un che di diverso" (= c'è un lieve cambio timbrico dovuto allo spostamento laringeo).

Un Tenore che lasci il proprio strumento libero di lavorare comprenderà appieno quanto afferma il grande Aureliano: "Così progredendo si arriva al SOL che è un tipo non vorrei dire diverso, ma molto più raccolto in testa delle tre note precedenti

"La fusione del colore di queste tre note, "Fa, Fa diesis, Sol", emesse con  progressivo appoggio alla maschera, costituisce la perfezione canora.

Il grande Pertile, sempre nello stesso metodo, ci svela anche un altro fondamentale indizio, che fa un chiaro riferimento ad un adattamento vocalico (vocali miste)"Il Maestro Bavagnoli mi fece capire in brevissimo tempo la ragione della mia difficoltà alle note acute: tenevo i suoni bassi e centrali troppo abbandonati e aperti. Allora raccolsi la voce tenendola sempre leggera seguendo il sistema seguente. Iniziavo un esercizio a scala con una A rotondata quasi ad O e man mano che salivo, raccoglievo sempre di più il suono e colore arrivando al passaggio e alle note acute con un O scuro." (...)
Compreso bene il sistema continuai ad usarlo scrupolosamente ed acquistai, tenendo leggero il centro, la facilità di tenere raccolta e alla maschera la voce che sempre più facilmente saliva agli acuti. La mia voce allora arrivava con difficoltà nelle romanze al SI naturale: a poco a poco con lo sviluppo del torace e dopo parecchi anni di carriera, incominciai ad averlo con sicurezza. (...) io prendevo fiducia in me stesso e studiavo continuamente, senza mai forzare la voce, col metodo sopra citato." (...) La tecnica fa parte della vera Arte."

Che vuol dire dunque "fondere i registri"? non di certo "bloccarli"come talvolta è stato frainteso.

Per cantar bene la gola va lasciata completamente LIBERA (aperta, come diceva Caruso) dunque LIBERA di far cambiare alla laringe posizione così come essa vuole.

Ma allora come mai Gigli parla per esempio nella sua Masterclass a Vienna di "fare le 5 vocali nella stessa posizione"?

Semplicemente, come dicevano anche i miei Maestri Tenori, "alleggerendo nel passaggio",
(=EVITARE di spingere e di affidarsi al puro sforzo) e senza cambiare posizione (di maschera), "unire i registri" tenendo sia il registro di petto che quello di testa "agganciati in alto".

Il concetto di maschera o di "suono in punta" che si tramanda da Maestro ad Allievo oggi è  denigrato da persone che tra l'altro nemmeno cantano o che cantano molto male.

Indispensabile prendere coscienza del passaggio di registro, soprattutto per chi non è un tenore lirico leggero in quanto, a differenza dei tenori robusti come lo spinto e il drammatico, è stato rilevata da vari tenori lirici leggeri una maggior facilità nell'emissione delle note nel tratto della voce di testa e degli acuti e molta meno problematica sensibilità nella zona del "passaggio.

La scoperta del "suono in maschera", assieme alla presa di coscienza di "passaggio di registro" è uno strumento indispensabile e costituisce il sistema di impostazione vocale del Canto Lirico per tornare a quel sistema di studio del Canto che ha dato i natali a De Lucia, Caruso, Pertile, Gigli, Lauri - Volpi, e tanti altri, e che ha reso l'Italia la patria del Belcanto. 

Un saluto cordiale, Astrea Amaduzzi



Belcanto Italiano Masterclasses torna a Roma dal 28 al 31 maggio 2015.

Durante il seminario sarà organizzato un incontro speciale con il Dott. Beniamino Gigli,
nipote del grande Tenore Italiano.

Venite a trovarci nella Sala dei Papi in Piazza della Minerva!
Per informazioni e prenotazioni: 347.58.53.253 
segreteria.belcantoitaliano@gmail.com 

Qui la citazione completa dal Metodo di Canto di Pertile:

"L'estensione della voce del tenore, che comprende due ottave partendo dal do basso, ha una progressione di raccoglimento del suono verso l'acuto, che corrisponde al raccoglimento delle varie forze concorrenti mano a mano che la nota cresce in estensione e vibrazione. Non si può salire col medesimo colore del do centrale alle note acute. Ho già detto, ma credo opportuno ripeterlo, che anche le note della prima ottava vanno appoggiate alla maschera, dando alle vocali i colori già illustrati, ma quando si arriva al MI BEMOLLE si avverte un che di diverso, per cui si sente il bisogno di appoggiare un po' più alla maschera arrotondando il suono.
Così progredendo si arriva al SOL che è un tipo non vorrei dire diverso, ma molto più raccolto in testa delle tre note precedenti, che sono il "Mi, Fa, Fa diesis". Questo SOL si sente che appartiene più alla natura e al colore delle note acute che sono "La bemolle, La, Si bemolle, ecc.", che a quello delle tre precedenti, che costituiscono un gruppo a sè; mentre si nota che il FA DIESIS, che risente un po' dell'uno e dell'altro tipo, ossia un po' più arrotondato e raccolto dal FA e un po' meno dal SOL, è il 
"punto d'unione". La fusione del colore di queste tre note, "Fa, Fa diesis, Sol", emesse con  progressivo appoggio alla maschera, costituisce la perfezione canora. (Da: Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice, 1932)
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IL "PASSAGGIO" AL REGISTRO DI TESTA E AGLI ACUTI SPIEGATO DA AURELIANO PERTILE !<<L'estensione della voce del tenore,...
Posted by Aureliano Pertile e il suo metodo di canto on Lunedì 27 aprile 2015